martedì 10 ottobre 2023

RICOSTRUIRE

 Ricostruire.

Pensavo ad una parola che potesse descrivere questi mesi di Tour estivo, e mi è venuta in mente questa.

Perché ricostruire non è mai una cosa semplice. 

Richiede impegno. 

Dedizione. 

Richiede crederci anche quando ti sembra non abbia più senso.


E il senso di questo Supernova Tour credo sia stato proprio questo.

30 date.

30.

Ogni tanto ci penso e mi chiedo dove Marco abbia trovato le forze per fare T R E N T A date, da 2h/2h30 l’una, per mesi senza fermarsi mai.

30 date, di cui 10 in Sardegna (11 se pensiamo all’ultima che manca a cui non voglio pensare perché non so se ci sarò grazie ciao).

E io queste 10 date me le ricordo tutte.

Ogni istante di ogni concerto.

Ci sono cose che mi porto nel cuore in modo speciale.

Ci sono cose che si aggiungono ad una lista infinita di ricordi che custodisco gelosamente da 16 anni a questa parte.

10 date dopo 4 anni.

Io non lo so se qualcuno ci avrebbe mai pensato, che dopo l’annuncio della data di Villasor ne avremmo avute altre 9 noi e altre 29 Marco.

Però so che, ancora una volta, la sensazione è stata quella di tornare a casa e ritrovarci. E, ancora, ricostruire.


Ritrovarci di nuovo insieme dopo 4 anni è stato magico e speciale. È stato come rivedersi dopo infinito tempo ma allo stesso tempo è stato come non esserci lasciati mai. E alla fine poi il punto è proprio questo, il punto è che la distanza non separa mai le persone che si amano e tra noi c’è così tanto amore che non ci sono né chilometri né tempo che possano dividerci davvero. 

 

A Gonnesa, prima di cantare Sempre, Marco ha detto che nei periodi più bui lo abbiamo preso per mano e lo abbiamo tirato su, senza farlo cadere mai.

E questa cosa mi fa allo stesso tempo sorridere ed emozionare ogni volta che ci penso.

Perché Marco non avrà mai idea di quante volte io mi sia sentita presa per mano dalla sua arte. Dalla sua musica. Dal suo essere la persona che è.

Quante volte, anche solo in queste ultime 10 date, quelle 2h di concerto abbiano rimesso insieme pezzi che non trovavano posto. Anche solo per 2h. 

 

Io non so mai bene che dire, se non grazie.

E quindi mi sento di farlo, anche questa volta.

 

Grazie per averci riportato sotto quel palco che può cambiare aspetto ma mai significato. 

Grazie per non esserti risparmiato mai, neanche quando la voce si rompeva dall’emozione. 

Grazie ancora di più perché ti sei concesso di mostrare al mondo quelle emozioni ed è stato bellissimo. 

Grazie a Marco. Non a Marco Carta l’artista, ma a Marco il ragazzo, l’uomo, la persona. 

Grazie ai tuoi occhi che parlano. 

Grazie alla tua passione. 

Grazie per il cuore che ci metti. Sempre. 

Grazie per aver creato questa famiglia di esauriti (ma d’altronde ognuno ha i fan che si merita!).

 

E grazie, soprattutto, perché tutto questo ha significato ritrovare anche la mia Famiglia. 

Le mie persone.

E io, di quest’estate con voi, mi porto dietro tutto.

 

Mi porto dietro la porta di casa di Dani sempre aperta per me e il suo aspettarmi fino alle 2 del mattino all’aeroporto, con il mio aereo in ritardo di 4h. Mi porto dietro tutti i suoi “mangia ancora un po’ che poi a Milano queste cose non te le cucini”, tutte le nostre mattinate al mare e tutte le volte che ci siamo strette forte la mano e ci siamo guardate e abbiamo riso nei momenti che sappiamo noi.

Mi porto dietro la risata di Valentina, che nessuno potrebbe perdersi mai. Ma me la porto dietro in modo speciale perché, per me, sa di casa. Mi porto dietro tutti i suoi “ce non ci posso credere” e tutti suoi “ce ma veramente abbiamo un altro concerto”.

Mi porto dietro Gino per tutte le cose fatte insieme, anche quest’anno. Per tutti i giri in macchina, per tutte le cazzate, per tutti gli “SPRINTZ”, per i capelli biondo scema e per quella volta che, come un pazzo, mi ha comprato un biglietto aereo.

E mi porto dietro Marta. Per tutte le volte in cui appena scattata una foto non vede subito l’ora di condividerla con me. Per tutte le volte che ci siamo strette forte. Per tutte le volte che “lo so per certo amica, mi son voltata anche io”.

 

Mi porto dietro tutte le persone che hanno reso speciale quest’estate e che hanno assecondato tutte le nostre follie.

 

E io spero sempre che Marco si renda conto che quello che ha creato in questi 16 anni non ha limiti né confini. Non ha precedenti. Non è scontato. Non è per tutti né da tutti.

 

Grazie. Per aver sempre fatto tutto con le tue mani. Anche a costo di farti male. 

Perché hai creato tanto di quel bene che non hai idea.

Perché gioire per te di questi mesi di piazze piene sarà per sempre una cosa bellissima.

 

Dico sempre che nessun posto è come casa, e casa per me, per noi, sarà sempre ovunque ci sarai tu.

 

Ora ci aspetta un altro capitolo. Una nuova avventura.

E siamo pronti a vederti prendere tutto ciò che desideri.

E tutto ciò che ti meriti.

 

Con affetto,

Sempre.

Giulia.

giovedì 30 aprile 2020

Il cuore non dimentica

Milano, 30 Aprile 2020. 20.28


2 anni. Oggi sono esattamente 2 anni dall’inizio del Tieniti Forte Tour in Sardegna. Oggi sono esattamente 2 anni dall’inizio di uno dei periodi più belli della mia vita.
Me lo ricordo benissimo, questo momento di due anni fa.
Mi ricordo benissimo le settimane precedenti. Mi ricordo il giorno dopo la data 0 a Policoro, quando uscirono le prime date del tour. Mi ricordo come se fosse oggi il momento in cui, seduta in un bar con Daniela, Simona e Valeria io aprivo l’app di Alitalia per comprare il biglietto per tornare a casa.

Mi ricordo con perfetta chiarezza ogni pensiero, ogni sensazione, ogni emozione. 
Me li ricordo talmente bene che mi sembra assurdo che siano già passati 2 anni. 2 anni da quando io e Marta ci siamo messe in macchina alle 6.45 del mattino con tutta l’incoscienza del mondo per raggiungere un paesino di cui non avevamo neanche mai sentito parlare prima di allora.
Mi ricordo ancora il tuffo al cuore, quando siamo arrivate al campo e abbiamo trovato Gino ad aspettarci seduto clandestinamente sopra il palco.
Mi ricordo di essermi addormentata sotto il sole all’ora di punta ed essermi bruciata le caviglie.
Mi ricordo l’emozione forte che ho provato quando, mentre finivano di montare il palco, tiravano su il banner che ci avrebbe accompagnato per tutta l’estate.
E mi sembra assurdo quanto oggi le cose siano diverse, rispetto a 2 anni fa.
Non so cosa mi renda così tanto nostalgica. Forse proprio questa differenza così forte e così devastante. 

Tante cose sono cambiate, in questi 2 anni. Tante cose sono diverse. Ma tante cose sono anche uguali.
Le vite di molti di noi sono cambiate radicalmente.
La vita di Marco stesso, è cambiata tanto.
Non posso fare a meno di sentire un pizzichio negli occhi, se penso a dove eravamo 2 anni fa e a dove siamo oggi.
Ma nonostante tutto, nonostante tutto quello che ciascuno di noi sta vivendo in questo momento, io questa giornata ho comunque cercato di trascorrerla con un sorriso.
Andare a vedere i ricordi di Facebook è stata la prima cosa che sono corsa a fare stamattina, perché sapevo che mi avrebbe regalato un sorriso, anche se accompagnato da qualche lacrimuccia.
Andare a rivedere tutti i video dei Roky è stata la cosa più spontanea da fare, stasera. Perché volevo andare a ripescare quel ricordo. Volevo andare a ripescare quell’emozione. Volevo andare a ritrovare quel momento in cui tutto sembrava perfetto. E in ordine. Anche con la pioggia. Anche con gli strumenti inutilizzabili.

2 anni fa, oggi, iniziava uno dei periodi più belli della mia vita. Fatto di 2 aerei al mese e tanti sacrifici per esserci sempre, anche quando la mia vita a Milano mi chiamava a gran voce ma io sapevo, sentivo di dover essere altrove. 
E io questo periodo di 2 anni fa non me lo potrò mai dimenticare. Perché è stato il momento in cui siamo ripartiti, di nuovo insieme. Dopo anni di attese e ingiustizie, noi comunque siamo ripartiti.
Tu, Marco, sei ripartito. Noi ci siamo solo limitati a seguirti, come abbiamo sempre cercato di fare.

E in mezzo a tutto il dolore che provi ora e che io forse non posso neanche lontanamente immaginare, sento in fondo al cuore e in mezzo allo stomaco che ripartirai ancora.
Inutile ripetere quanto la vita sia spesso stata difficile e maledettamente ingiusta con te. Ma invece più che utile e giusto ricordare e ripetere all’infinito quanta forza tu abbia tirato fuori da tutti questi momenti incredibilmente difficili.
Io non lo so, quanto tempo ci vorrà. Io non so neanche cosa ci possa volere per curare una ferita così profonda. 
Ma so una cosa. So che posso prometterti che rispetteremo sempre tutti i tuoi spazi. Tutti i tuoi silenzi.
So che posso prometterti che quando sarai pronto a ripartire, ancora una volta, noi saremo pronti a riprendere a seguirti, ancora una volta. Ovunque sarà. Comunque andrà. Posso prometterti che non sarai mai, mai, mai solo.

2 anni fa iniziava uno dei periodi più belli della mia vita. Oggi, invece, dobbiamo tutti affrontare un momento infinitamente diverso. 
Ma so che in qualche modo ce la faremo. Insieme. Come sempre.
Nel frattempo, continuo a custodire gelosamente tutti i ricordi di quel tour che mi ha davvero, in qualche modo, cambiato la vita.
Nel frattempo, noi comunque siamo qui. 
Di qualunque cosa tu abbia bisogno.
Fosse anche il silenzio.
Grazie, per questo periodo di 2 anni fa.
Ti voglio bene.

Giulia.

lunedì 6 gennaio 2020

Quando si chiude un decennio, se ne apre un altro.

Milano, 6 Gennaio 2020, h.18.31

Sono rientrata a Milano da 2 giorni esatti. Di nuovo in quella che, ormai, è la mia città. Di nuovo in quella che, ormai, è la mia quotidianità. Sono state vacanze strane. Troppo veloci e troppo lente allo stesso tempo. Di quelle in cui alcuni giorni finiscono troppo presto e altri sembrano non finire mai. Sono state forse le vacanze natalizie più dure da quando ne ho memoria, ma anche le più nuove. Le prime vacanze senza esami da preparare o test d’ingresso da cui fare il conto alla rovescia. Le prime vacanze in cui ho passato più tempo fuori casa che dentro. Forse anche le prime vacanze che ho sentito davvero mie. In cui ho sentito forte la libertà di prendere e andare. Di prendere e fare.
È stato anche il mio primo Capodanno con Marco (sì, non c’ero ad Oristano smettetela di ricordarmelo) e questo è forse il motivo per cui, alla fine, proverò a ricordarle davvero.
Inutile dire che Marco mi mancasse. Inutile, scontato probabilmente, ma anche vero. Da una vita ripeto quanto quelli sotto il palco siano alcuni dei pochi momenti che aspetto davvero con impazienza durante l’anno. Gli unici a cui non rinuncerei mai. Gli unici per cui ho fatto e farei ancora qualsiasi cosa. 
È stato bello. Bello come neanche ricordavo che fosse (assurdo, vero?). E’ stato, come sempre, tornare a casa. 
È stata anche la scusa buona per godermi qualche giorno con la mia seconda famiglia (l’avrei fatto comunque anche senza un concerto? Ovviamente). È stato fare quella che ormai è per me una strada familiare (anche se riesco comunque sempre a perdermi. Sì, anche con Google Maps) per arrivare da Dani e trovare la tavola apparecchiata. Anche per me. Anche questa volta. È stato prendermi l’influenza perché Gino mi ha fatto dormire con le finestre aperte (millo mì) ma è una cosa che, nonostante tutto, rifarei. È stato anche rifarmi i capelli ma questa è un’altra storia!

Marta Porru Photographer
Marta Porru Photographer
Sento sempre di essere piuttosto ripetitiva, quando si tratta di Marco. Uno potrebbe anche pensare che dopo tutti questi anni le cose rimaste da dire siano praticamente inesistenti, eppure per qualche strano e assurdo e a volte imprevedibile motivo sento sempre e comunque la necessità di dirle. Di scriverle. E spero che questo blog rimanga in vita e online per sempre. Perché quando sarò grande, grande davvero, e avrò dei figli, lo tirerò fuori ogni volta che mi chiederanno come trascorrevo il tempo da ragazza, e gli leggerò tutte queste cose che ho scritto negli anni. E gli insegnerò l’importanza di sentire la musica e le persone così bene, così forte, così profondamente, così intensamente. Gli racconterò di come questo tipetto sardo su cui nessuno sembrava voler puntare mi abbia cambiato la vita. Gli racconterò di come mi abbia regalato quelli che saranno ancora, senza dubbio, a mani basse, i miei migliori amici. Gli racconterò di zia Daniela, perché sì loro la chiameranno così, che ci cucinava i malloreddus per farci sentire lo spirito del Capodanno in casa anche lontano da casa. Gli racconterò di come mi si sia riempito il cuore nel vedere di nuovo sorridere Marco in un modo che non vedevo da tempo. Quel sorriso che arriva agli occhi e che parte non dalla bocca ma dallo stomaco. Gli racconterò del senso di pienezza che ho provato in quel momento e di come in quel preciso istante abbia sentito dentro il cuore che, anche quella volta, ne era valsa la pena. Gli racconterò la solita infinita ansia di Marta, le foto alla transenna, le mani unite forti forti a “Dalla stessa parte”.

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Marta Porru Photographer
Gli racconterò di tutte quelle volte in cui ho sperato non finisse mai. La musica, il concerto, la voce, gli strumenti. Gli racconterò di tutte le volte in cui ho urlato più forte di quanto avrei dovuto solo per farlo sentire a Marco, per fargli sentire che c’eravamo, anima, corpo e voce.
Proverò a raccontargli cosa ho provato durante “La destinazione siamo noi”, mentre Marco ci guardava negli occhi e ci diceva che no, non ci siamo mai, per un cazzo, arresi. 
Forse proverò anche a raccontargli di quella volta, questa volta, in cui essere lì sotto ha significato così tanto di più del solito. Di come Marco abbia salvato, con una sola sera, un anno infinitamente difficile. Un anno di perdite e di separazioni, di dolori profondi e sorrisi tirati. Di come, grazie a lui, forse riuscirò a ricordare il 2019 per quella bella serata passata insieme, piuttosto che per tutto il resto.
Quando i miei figli mi chiederanno cosa facessi da giovane, gli potrò rispondere sorridendo con fierezza che seguivo Marco in tour. E a quel punto, con tutta probabilità, loro mi risponderanno che quindi non facevo poi niente di così diverso rispetto a quel momento.
Perché io ce lo auguro davvero, che tutto questo sarà per sempre. Che rispetteremo tutte le promesse che ci siamo fatti a vicenda. 
Io ce lo auguro davvero, che a prescindere da cosa faremo e da come andranno le nostre vite, finiremo sempre per ritrovarci a casa insieme. Dove casa è ovunque e da nessuna parte. 
Dove casa siamo semplicemente noi. Qualche transenna. Un palco di fronte. E Marco sopra.
Quindi ecco, per il 2020 io ci auguro tante serate così. Magari più lunghe (perché dai, siamo matti che non cantiamo più Niente più di me e Resto dell’idea?!), magari più calde (che ho ancora l’influenza), ma sempre, sempre, sempre così felici.

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E lo auguro a Marco, più che a chiunque altro, che questo 2020 possa restituirgli tutto ciò che il 2019 gli ha tolto. O almeno tutto ciò che è materiale, perché dal suo sorriso di quella sera credo di poter dire che la felicità, quella personale, quella emotiva, se la sia ripresa allegramente. E forse, alla fine, questa è davvero l’unica cosa che conta.
Ti voglio bene.
Vi voglio bene.
Che sia un anno pieno, pienissimo, di cd nuovi per mille firmacopie, di nuovi km da macinare, di nuova musica, di nuovi sorrisi. Ma anche sempre della stessa, solita, unica, voglia di esserci. Nonostante tutto.
Per sempre.
Giulia